Non è solo una questione cromatica. Il governo M5s-Lega è l’incontro tra un’organizzazione nata a sinistra e un partito diventato di estrema destra. Ma siccome si continua a far finta che la sinistra sia una sola, che la sinistra sia comunque “buona” e che occorre fare a gara per stabilire chi è “più” o “veramente” di sinistra, si finisce a cercare inutilmente di dimostrare che i grillini sono fascisti.
La polemica sul carattere cromatico della maggioranza di governo attuale, quella definita gialloverde, va avanti dalla data del suo insediamento a Palazzo Chigi, cioè dal primo giugno 2018.
Di solito, si contesta l’uso della parola “verde” associata alla Lega – il verde, si dice, resta il colore degli ecologisti – preferendo invece il termine “nero” o “bruno”, che si addice meglio a un partito divenuto di estrema destra.
Credo invece che il modo migliore per definire cromaticamente il governo M5s-Lega sia “rossobruno”, e che i vari partiti e gruppi di sinistra dovrebbero seriamente, e serenamente, porsi il problema. Perché non è, appunto, solo una questione di colori.
In questi anni, molti esponenti del centrosinistra hanno continuato a esercitarsi giornalmente nell’opera di dimostrare che il Movimento Cinque Stelle non sia una forza “di sinistra”. Intendiamoci, al M5s non interessa affatto apparire tale: la strategia comunicativa di Casaleggio-Grillo è stata sempre quella di affermare l’estraneità all’asse classico sinistra-destra. Ma per il Pd e alleati vari però – e basta guardare i flussi elettorali e analizzare anche il background dei militanti storici – il M5s ha rappresentato un pericoloso concorrente; quindi, negare la possibilità che abbia radici a sinistra, significa dire agli elettori che “noi siamo la vera sinistra, non quelli”.
Credo che in questi ragionamenti ci siano diverse falle.
La prima è quella di continuare a considerare la “sinistra” come un blocco, un sistema di pensiero o un orientamento unico, mentre sarebbe più corretto almeno parlare di “sinistre”, perché non esiste, quella cosa chiamata sinistra. Perché anche se la pretesa fosse che tutte le forze di sinistra affondano le radici nella stessa idea di “libertà eguaglianza fraternità”, è stata la stessa epopea della rivoluzione francese a dimostrare che le differenze hanno contato quasi subito più delle affinità.
La seconda falla è quella di considerare implicitamente che tutto quel che è “di sinistra” sia “buono”. Di qui, la necessità di separare il grano dal loglio (ps: questa è un’espressione talmente desueta che non c’è il rischio che il famigerato T9 di Whatsapp la modifichi definitivamente in “separare il grano dall’olio”…). Ma basta dare un occhio alla storia contemporanea per intuire come un certo numero di leader e organizzazioni “di sinistra” abbiano provocato, e continuino a provocare, disastri, carneficine, ingiustizie, magari animati da nobili intenti. Ogni tanto poi qualcuno si incarica di dimostrare che tali costi siano minori a quelli del “capitalismo reale”. Come se questo fosse un sollievo.
Un tempo, molti decenni fa, l’espressione “niente nemici a sinistra” significava che chi è di sinistra non è un avversario. Poi è passata a significare un’altra cosa, e cioè che se qualcuno è un tuo avversario, implicitamente non è di sinistra, anche se dice il contrario (si tratta di dispute che ricordano dissidi teologici, non per caso) . Tanto più il M5s, che neanche dice di esserlo, di sinistra. Ma che per ampia parte del centrosinistra attuale è diventato un’ossessione e un bersaglio, molto più della Lega.
Prima di cercare di spiegare perché il M5s è “di sinistra” – cosa che non sfugge affatto alla destra rimasta fuori da questo governo, e che ovviamente gonfia anche l’argomento in chiave propagandistica – bisogna allora essere chiari: dirlo non significa doverci fare un governo insieme.
Continuo a pensare che sia stata persa un’occasione nel 2013: quella di non trovare un’intesa tra centrosinistra e M5s. E che nel marzo 2018, pur con tutte le difficoltà, si sarebbe dovuto provare, per il famoso bene del Paese, un aggancio. Ovvio che oggi, dopo questi mesi di governo M5s-Lega, non si può più pensare a qualcosa del genere.
Perché dico che il M5s è culturalmente “di sinistra”, anzi, de sinistra, a conduzione leninista, in tinta ecologista (insomma, compagni che sbagliano)?
Perché è nato come contestazione alla corruzione del berlusconismo e come reazione alla normalizzazione della sinistra negli anni 90 (che in realtà era iniziata ben prima). E’ nato anche grazie alle piazze dei girotondi che contestavano Berlusconi e il centrosinistra, ha respirato quell’atmosfera “di sinistra” che denunciava a ogni pie’ spinto il “potere corrotto e mafioso” (che fosse vero o fosse un’esagerazione) della Dc e dei suoi alleati. I suoi militanti erano, spesso, quelle che i neofascisti hanno sempre chiamato zecche. Il suo programma iniziale era (ed è ancora seppur più nominalmente che altro), sostanzialmente ecologista, pacifista, libertario, anti-corruzione, per la democrazia diretta (concetto che ha avuto vasta eco a destra e a sinistra). Tutta roba che sta nell’album di famiglia della sinistra contemporanea in Italia, quella nata negli anni 60.
Oggi forse ha prevalso l’anima dei diritti sociali su quella dei diritti civili, ma anche quella è una roba “de sinistra”. Avete mai discusso con gente “de sinistra così” convintissima che sia tutto sempre un problema di sovrastruttura, o che comunque i problemi dei lavoratori sono quelli primari, il resto può attendere?
Quando parlo di conduzione leninista, ovviamente in parte banalizzo e provoco (non vorrei che mi si offendessero i sostenitori della santità di Lenin) , ma il direttorio della Casaleggio & Friends è questo: un gruppo legittimato dalla “lotta”, carismatico, che governa con un criterio non democratico (o, quando va bene, da centralismo democratico).
Non è il partito-azienda che a qualcuno piace disegnare: quello è Forza Italia, il partito del fondatore dell’azienda. Il M5s nasce dalla fusione tra la struttura dei MeetUp guidata dal carisma (perso, in parte) del profeta Grillo che ha incontrato a un certo punto il mago Casaleggio. Quello che ne è venuto fuori è un gran casino, che mette insieme un sentimento di sinistra, giustizialismo a corrente alternata, revanscismo piccolo borghese, populismo (di sinistra, perché ne esistono varie versioni), ecologismo casinista, nostalgie varie, soprattutto (la nostalgia di un periodo in cui c’era un grande partito di sinistra che difendeva davvero i lavoratori, anche: ovviamente sto facendo dell’ironia).
Ed in questa chiave ha funzionato – finché durerà – l’aggancio con i bruni della Lega. Che non sono quei traditori del popolo del Pd e della sinistra amica delle élites….
Ovviamente, oggi non tutto il popolo M5s è così. Probabilmente a molta gente della provenienza politico/idelogica del M5s non interessa neanche un po’. Non interessa il discrimine destra/sinistra (o destre/sinistre). C’è un ampio sottobosco di gente che pensa di essere stata precipitata in basso dopo la crisi finanziaria (e anche dopo il 1989, che non è così remoto) e che cerca qualcuno che la possa difendere, che possa arrestare questa folle corsa che è diventato il mondo ristabilendo dei confini non solo territoriali.
Ma io mi riferisco alle culture fondanti del M5s. Il problema, da affrontare sta ancora tutto lì.