Bene. Abbiamo votato. Personalmente, per le Elezioni Europee i risultati sono andati più o meno come me li aspettavo, anche in Italia. L’unica differenza significativa rispetto al mio personale pronostico è stato il risultato deludente di +Europa. Ma la lista che ho votato e sostenuto, Europa Verde, è andata come mi aspettavo. Ha preso più del doppio dei voti rispetto al 2014, ma non sono bastati, perché la soglia di sbarramento è al 4%.
Sarebbe un errore mettere insieme le percentuali di +Europa, Europa Verde (Verdi, Possibile + indipendenti) e La Sinistra come se fossero omogenei. Non è così. C’è probabilmente un’osmosi tra una parte degli elettori, ma non c’è un progetto politico, una visione politica che li accomuni. Ci sono idiosincrasie, certo, ma anche convergenze.
La tendenza a fare cartelli elettorali per provare ad avere rappresentanti è stata negli ultimi anni la risposta, spesso fallimentare, ideata dai gruppi dirigenti di piccoli partiti che per comodità definiremo “sinistre”. Per i Verdi, ma anche per altri, si è trattato dell’ennesimo tentativo, dopo che per anni hanno fatto, in sostanza, la ruota di scorta del centrosinistra.
C’è stato anche il momento delle “correnti”. I radicali hanno fatto spesso entrismo altrove, una parte degli ecologisti ha dato vita agli Ecodem nel Pd (che però sono poi scomparsi), un’altra ha fatto lo stesso con Sel (partito che è poi scomparso), una parte degli ex Sel lo sta facendo oggi col Pd di Nicola Zingaretti.
Tutto questo può continuare, ovviamente, con percentuali sempre scarse, o più scarse.
Ci sono però anche altre strade possibili. Per gli ecologisti, per Europa Verde, una possibilità sarebbe quella di superare le vecchie sigle e di dare vita a un’organizzazione che definirei eco-social, che non sia subito ansiosa di buttarsi nelle braccia del centrosinistra per rifare la ruotina di scorta (e però neanche disposta ad allearsi con chiunque). Un partito della qualità della vita, oggi, in Italia e in Europa.
Certo, i Verdi hanno già fatto numerose “costituenti” finite male, cioè nell’irrilevanza. C’è sempre la legge di Murphy che incombe, e non c’è alcuna garanzia di riuscita. Ma forse ci si dovrebbe provare. Perché? Perché ci sono le condizioni. Ma soprattutto perché se non le facciamo noi, queste cose, non le fa nessuno.
L’obiettivo non è prendere il 4% e fare quelli che si occupano di ambiente mentre altri si occupano di altro (cioè le cose più importanti, di solito). L’obiettivo è definire il futuro.
Per farlo, serve certamente che mettiamo da parte le divergenze organizzative e personali, serve che chi è interessato davvero alle idee e al risultato e non al proprio ego dia una mano come padre e madre nobile, serve che siamo chiari su quello che vogliamo e su quello che pensiamo. Non pensiamo tutti le stesse cose, certamente. Ma dobbiamo avere una piattaforma comune – a partire dalla sensibilità – che non sia solo la lista della spesa. Serve che non guardiamo alla direzione da cui viene chi vuole partecipare, ma soprattutto dove vuole andare.
Insomma, invece dei soliti pasticci, serve fare il pane. Il pane più buono è composto da più farine, semi, miele per fare croccante la crosta, un po’ di sale, meno lievito e più tempo di lievitazione, migliori condizioni per la crescita, tempo giusto per la cottura.